Quello che so è che dentro di me è tutto logico
Quell’atmosfera di festa che ho dentro allo stomaco
Non ho mai nascosto la mia radicatissima convinzione che ogni docente che si rispetti (luminare o meno) debba necessariamente possedere, tra le altre cose, un ego decisamente importante.
E non ho neanche mai nascosto che questo tratto distintivo mi abbia sempre abbastanza disturbato, infastidito, in qualche modo reso un po’ diffidente (almeno all’inizio) rispetto alla performance cui stavo per assistere.
Ebbene.
Ricomincia oggi per me il tour di docenze che dalla scorsa primavera mi vede impelagata, molto in prima persona ma per conto di Elearnit, nell’immane impresa di insegnare il mio mestiere a terzi.
Allora, ancor prima di approfondire aspetti ben più sostanziosi sull’argomento, volevo solo dire che improvvisamente ho avuto un’epifania sulla natura intrinseca dell’attività di docenza in generale, che almeno in parte redime ai miei occhi chi la svolge e, tutto sommato, giustifica tutta la spocchia che tipicamente lo contraddistingue.
Sostanzialmente, fare docenza significa cercare di insegnare qualcosa a qualcuno che è fermamente convinto di non dover imparare niente.
Praticamente, solo un pazzo visionario e intimamente eroico può crederci.
E solo uno molto bravo a reggere il palco può riuscirci.
Let’s rock!
aggiungo qualche casistica:
… di non dover imparare niente
– o perché è convinto di sapere già
– o perché lo obbligano, e non gli interessa
In casi fortunati all’inizio ti ascolta, poi – giustamente prova a fare da solo – che è quello che tu vuoi ottenere – ma a quel punto in parallelo smette di ascoltarti e si incaponisce. E questo non lo vuoi, ma nemmeno è utile al discente
Quindi, let’s rock e dai fiato al tuo ego!
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