Io e il Dottor D siamo ormai molto amici.
E così, tra una chiacchiera e l’altra, lui finisce sempre col rivelarmi qualcosa che si scorda di non aver mai detto prima.
Tipo che, quella mattina, dall’ospedale lo chiamarono presto per farlo correre al mio capezzale.
E io ricordo proprio distintamente di aver pensato ehi questo qua ha un aspetto davvero improbabile ma ha lo sguardo di uno che sa tutto.
E che poi, subito dopo, mi è passata la paura.
È interessante raccontarsi queste cose dopo tutti questi mesi, col sollievo concesso dalla consapevolezza del pericolo scampato e lo stupore nel constatare come l’abbiamo vissuta dai due punti di vista più opposti che ci siano ma, tutto sommato, esattamente nello stesso modo.
Recentemente, abbiamo misurato il versamento rimasto: cinque centimetri, con la ridente prospettiva che possa volerci anche più di un anno per smaltirlo del tutto.
MA
Per via del bicchiere mezzo vuoto/mezzo pieno, per me sono più importanti i centimetri persi (tre netti negli ultimi due mesi), a tutto beneficio dello spazio faticosamente riguadagnato dal mio polmone in espansione, tornato quasi del tutto in pieno possesso del proprio territorio.
In principio c’era il collasso, e l’infezione da cui in pochi escono vivi.
Alla fine non lo so, non si riesce ancora bene a scorgere all’orizzonte.
In mezzo ci sono i piccoli grandi traguardi che mi impongo di raggiungere ogni santo giorno,
al grido di chi si ferma è perduto, e con l’obiettivo ben più alto di una guarigione il più completa possibile.
Tipo 50 vasche in piscina.
Con buona pace del Fisio-del-mio-cuore che oggi, alla penultima seduta di sempre, ha avuto il coraggio di dirmi che mi sarò impegnata sì e no le prime quattro volte, per poi prendere la deriva della distrazione e della scarsa disciplina.
A lui
e a tutti quelli che non mi hanno lasciata andare
il mio grazie per sempre.
E la promessa che riuscirò a tornare meglio di prima, perché io lo so.