Ci vuole un fisico bestiale


Eh com’è vero.
Ci sto lavorando.
Seriamente.
Qua la convalescenza sta durando più della degenza, e non è che abbia molto altro da fare se non (provare a) pompare aria nei polmoni a più non posso, con qualsiasi mezzo.
E verificare settimanalmente i progressi.
Che, per la cronaca, non ci sono.
Ma che ridere.
No, davvero.
Ormai sono quasi in grado di correre su per tre piani di scale senza collassare, e ancora il versamento polmonare non accenna a diminuire?!?

I don’t want to start any blasphemous rumours,
but I think that God’s got a sick sense of humour
… (Depeche Mode)

Ho paura che non sarà sufficiente neanche arrivare a fare di corsa 72 gradini di fila, come Rocky Balboa a Philadelphia.
Tanto abbiamo capito che io sono in grado di respirare pressoché perfettamente anche in condizioni che voi umani non potete nemmeno immaginare.
Quindi il fatto che io mi senta in (più o meno) splendida forma, in pratica, non conta niente.


Fine dello sfogo.
Vincerò io, è solo una questione di tempo.


Ieri mattina, Bradipo-il-fisioterapista era un po’ demoralizzato per almeno tre ragioni:

  1. i miei aggiornamenti dall’ospedale sullo stato attuale del polmone, appunto immutato nonostante tanta fatica;
  2. l’esistenza di un esercizio (uno solo, su un migliaio che mi fa fare quotidianamente) che ancora non mi riesce;
  3. la telefonata in cui la collega lo ha avvisato che sarebbe rimasto tutto il giorno da solo, alle prese anche con le vecchiette non “sue”.

Allora, tra una respirata e l’altra, abbiamo approfondito meglio le tre questioni.

1. Noi NON CREDIAMO all’esito dell’ultima ecografia!
Questa è una presa di posizione molto precisa, dovuta alla constatazione che non sarei in grado di fare quello faccio, nel modo in cui lo faccio, se il mio polmone non si fosse già ampiamente ri-espanso!
Se necessario, si farà un sit-in con tanto di striscioni inneggianti la libertà di respirare come meglio si crede.

2. Gli ho timidamente suggerito di cambiarmi esercizio, zio prete.
L’accanimento fa male a me perché non ottengo risultati, a lui perché si inalbera a vedermi sbagliare, a entrambi perché poi a un certo punto la frustrazione supera la motivazione.
E quindi che senso ha.
Non l’ho mica convinto del tutto, ha detto che ci pensa.

3. La collega Tirapacchi, in realtà, è una vittima quanto lui.
Al momento dell’infausta telefonata, la poveretta si trovava a bocca spalancata davanti all’ingresso chiuso di una sala congressi a 22 km di distanza, convinta di dover partecipare a un corso di formazione OBBLIGATORIO che era stato posticipato nel pomeriggio senza che né lei né la sua responsabile ne fossero state informate.
Da una rapida indagine, durata quasi tutto il tempo della mia permanenza nell’ambulatorio, è poi emerso che la mancata comunicazione della variazione di orario era direttamente riconducibile all’Ente organizzatore dell’evento.
Non so se mi sono spiegata bene: chi ha creato, promosso e (presumo) alla fine anche erogato il corso di formazione ha DIMENTICATO non solo di avvisare del posticipo gli iscritti, ma anche di aggiornare il relativo calendario pubblicato on-line sulla propria intranet, pubblicizzata (ho letto poi) come la soluzione più rapida ed efficace a tutti i problemi organizzativi che evidentemente si verificavano con una certa ricorrenza prima della sua creazione.

Ora.
Finalmente, anche in questa mia lunga odissea respiratoria è successa una cosa che può legittimamente ricondurre i miei sproloqui al tema vero di questo blog.
E, sull’onda dell’entusiasmo che questa constatazione mi provoca, sarei davvero tentata di partire con un panegirico lungo polemico e assolutamente accusatorio sul grande argomento della Dis-organizzazione aziendale.
Senonché, forse trovo per una volta più divertente lasciare che il fatto si commenti da solo.

Volevo solo dire che, se avete bisogno di uno che aggiorni un calendario, io ci sono.

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