Hare Krishna – Semplice come respirare

Non ho ancora parlato di quella che mi è stata venduta come la panacea di tutti i miei mali, ossia la RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA.

Dunque il punto non è tanto sapere di che si tratta e a cosa serva, che tutto sommato è abbastanza intuitivo e convincente, quanto piuttosto imparare ad applicare la tecnica così sistematicamente da farla diventare il metodo di respirazione NATURALE.

Benissimo.
La prima visita della fisioterapista al mio capezzale è stata qualcosa di indimenticabile a cavallo tra la tragedia greca e la commedia alla Verdone: io ero inchiodata al letto dal drenaggio al polmone da una parte e dalla flebo di antibiotico perenne dall’altra, sicché anche la banale mobilità degli arti non era affatto scontata.
Inoltre, è parso subito evidente come il mio diaframma fosse talmente contratto da essersi nascosto chissà dove e risultare, pertanto, irrintracciabile.
Capire come fare a scovarlo e, in seguito, usarlo non è stato uno scherzo.
La tipa era una molto zen, e ha cercato di convincermi che questa difficoltà è tipica delle donne che vogliono avere sempre tutto sotto controllo, pretendono di cambiare il mondo da sole e non si concedono mai il lusso di lasciarsi andare.
Come no.
Dalla mia reazione deve aver capito che lo stimolo funzionava poco e, abbandonando di colpo l’iniziale approccio serafico, ha deciso di mortificarmi letteralmente davanti al Dottor D e i suoi seguaci per la mia inettitudine, scegliendo la sfida diretta come unico metodo possibile per farmi reagire.

E così ho imparato a realizzare l’impossibile.

Complice l’incontrollabile insonnia che ha accompagnato ogni mia singola notte là dentro, mi sono accorta per caso che, stando sdraiata senza pensarci, la mia panza si gonfiava da sola come un cocomero incamerando aria, sgonfiandosi poi come un palloncino forato al momento dell’espirazione.
Altro che immaginare una palla luminosa che mi entra dal naso e mi esce dalla bocca passando dalle viscere formando un cerchio continuo di energia…
Ma vaaaaahhhhh
Evidentemente il mio immaginario va stuzzicato con qualcosa di molto più concreto, tant’è che mi è bastato mettere una mano sull’ombelico e una sul petto (toccare con mano, per l’appunto) per capire come bisogna fare: sollevare uno e tenere fermo l’altro, facile!

Ma mi sa tanto che lo yoga non me lo toglie nessuno.
Spero ne esista uno piuttosto dinamico e il più libero possibile da implicazioni mistico-meditative da guru dell’esistenza, perché a me ‘ste cose possono anche affascinare, ma sono un tipo troppo d’azione per riuscire a lasciarmici andare come si converrebbe perché fossero davvero efficaci.
Lo so già, andrebbe a finire che mi metterei a questionare col guru sul senso logico dei suoi insegnamenti e no, non è l’approccio corretto.

Per ora sono in trepidante attesa della chiamata del fisiatra per iniziare il ciclo di ginnastica respiratoria che mi spetta di diritto dopo quello che mi è capitato.
Staremo a vedere.
Un paio di mosse le sto già facendo quotidianamente, me le ha insegnate Miss Zen.
Un male bestiale, ma sembra che funzionino.

L’obiettivo è espandere ‘sto polmone malridotto finché non torna come nuovo, e far sì che tutti gli esami successivi diano il nulla osta a che io salga su un aereo destinazione Baleari a fine aprile.

Ecco, motivatemi con qualcosa del genere e vedrete che mi impegnerò a dovere.

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